Gv 5,13-14

« Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: "Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio".»


L'infermo che era stato guarito non può dire ai Giudei chi l'ha risanato, perché non ne conosce il nome. Subito dopo aver compiuto quel miracolo Gesù infatti si era allontanato, perché vi era folla in quel luogo.
Però, a distanza di poco tempo Gesù incontra di nuovo il miracolato nel tempio, cioè nel luogo sacro dal quale quell'uomo era stato escluso proprio a causa della sua malattia, che lo aveva costretto ad aggregarsi alla folla degli altri infermi nel luogo semi-pagano della “piscina delle pecore” (Gv 5,3).
Quando si trovava là, era stato Gesù a prendere l'iniziativa... mentre adesso è lui che viene messo nella condizione di doversi assumere un personale impegno interiore, visto che Gesù gli dice: "ecco: sei guarito! Non peccare più".
Per questo miracolato la “guarigione” è la dimostrazione che gli è stata concessa l'opportunità di “nascere dallo spirito” (cfr. Gv 3,6), cioè di usufruire di una nuova esistenza da condurre conformemente alla Luce della nuova vita sana che il Cristo gli ha donato, e che lui è chiamato a mantenere libera dal peccato* "perché non ti accada qualcosa di peggio"... gli dice Gesù.
Questo “avvertimento” può essere compreso nel senso che altrimenti... se lui sprecasse questa opportunità concessagli dalla Misericordia divina... il male ancora maggiore a cui andrebbe incontro sarebbe un'esistenza ancor più consegnata alla sventura perché privata, a quel punto, anche della speranza di un ulteriore intervento “sanificatore” di Dio.
In questa prospettiva, la guarigione miracolosa donata da Gesù sul piano della vita fisica è il “segno” del dono ancora più grande costituito dalla comunicazione della “vita eterna”... e dunque la minaccia di un male peggiore va riferita all'eventualità che questo dono divino sia sprecato a causa di una condotta di vita peccaminosa.
Se così fosse, questo miracolato incorrerebbe nell'auto-giudizio di condanna (Cfr.Gv 3,16-18), per il rifiuto della vita eterna donatagli da Cristo.

* Vedi nel glossario i termini:
"Peccato"
"Vita eterna"

Segue: Gv 5,15-16

"Perché non ti accada qualcosa di peggio"  

Tornando al piano della lettura simbolica che stiamo percorrendo in parallelo con quella letterale (cfr. Gv 5,3-4; Gv 5,11-12;), questo episodio si arricchisce di ulteriori significati:
Il fatto che, a distanza di poco tempo dalla guarigione ricevuta, l'infermo ritorni in quel Tempio dal quale le autorità religiose giudaiche lo avevano escluso... può essere visto come un suo ritorno proprio “tra le braccia” di quell'istituzione religiosa che ne aveva fatto un emarginato... e quindi è come se lui stesso si fosse riconsegnato all'oppressione religiosa dalla quale Gesù lo aveva appena liberato.
Da questa prospettiva... e considerando come il peccato* in questo Vangelo sia costituito dalla volontaria rinuncia alla “vita” comunicata da Cristo... il fatto che Gesù gli dica non peccare più può essere compreso in un senso traducibile anche in questi termini :
“Se dopo essere stato liberato dall'oppressione religiosa che paralizzava la tua interiorità, tu torni a sottometterti, ti troverai inevitabilmente a stare peggio di prima  perché... se sceglierai di riconsegnarti alle tenebre girando le spalle alla luce... per te non potrà più esserci la speranza di un intervento divino”.
Si tratta di un principio che, evidentemente, interpella anche i lettori di questo Vangelo e, in generale, vale per chiunque sia “guarito” dall'incontro con Cristo ma poi... anziché risponderGli con la gratitudine, con la rinascita interiore e la conseguente testimonianza... va incontro a qualcosa di peggio.
Sprecare l'aiuto di Cristo significa infatti crearsi da soli un “destino”** di tenebra, e ciò accade non soltanto a fronte dell'irriconoscenza riguardo alle grazie tangibilmente ricevute sul piano fisico ed esistenziale, ma anche nel momento in cui, dopo aver incontrato il “vino nuovo” dell'amore che Cristo dona attraverso i Suoi insegnamenti, si pensa di poterlo immettere negli “otri vecchi” della precedente mentalità religiosa dalla quale Lui ci libera... anziché negli “otri nuovi” (Cfr. Mc. 2,22) di un percorso spirituale coerente con il nuovo piano di consapevolezza***.

Segue: Gv 5,15-16

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