Gv 5,27

« e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.»

Dopo averci parlato del potere del Figlio di vivificare i morti (Gv. 5,24-26), adesso Gesù afferma che il Padre gli ha dato il potere di giudicare.
Si tratta di quel “giudizio* che gli esseri umani si procurano già nel presente mediante la risposta da loro data alla manifestazione “dell'unigenito Figlio di Dio” (cfr. 3,18)... per cui di fatto è ciascuno che si giudica da solo, a seconda che accetti oppure rifiuti il Cristo (Gv 3,19-21).
Pur se le parole del Gesù giovanneo esprimono il peculiare messaggio di questo Vangelo che è definito dagli studiosi “Escatologia attuale”**, l'espressione perché è Figlio dell'uomo richiama il passaggio del libro di Daniele in cui questa figura compare nello scenario  escatologico (Dn 7,13) tradizionale del “giudizio alla fine dei tempi” … verso il quale sono orientati anche i due prossimi versetti (Cfr. Gv 5,28-29).
Questa incongruenza viene spiegata dalla maggior parte degli studiosi come un'aggiunta redazionale operata da autori diversi dall'evangelista, ed innestata sul testo originale del Vangelo (vedi nota esegetica su Gv 5,27-29).

* Vedi il termine "Giudizio" nel Glossario
** Vedi il termine "Escatologia attuale" nel Glossario

Segue: Gv 5,27-29 (Nota esegetica)

Segue: Gv 5,28-29 (Lettura del Vangelo)

A proposito dell'espressione... “E gli ha dato il potere di giudicare”

In questo Vangelo Gesù rivela che la “vita eterna”***, che molti cristiani immaginano nel loro futuro, è invece una realtà spirituale che è possibile raggiungere già nel presente, in conseguenza del fatto che “l'ora” è già venuta... “ed è questa”... nella quale “i morti udranno la voce del Figlio di Dio” (Gv 5,25).
Quel “Padre (che) ha la vita in se stesso (e che) ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso” (Gv 5,26), Gli ha infatti attribuito pure il potere di giudicare, nel senso che la “Vita” rivelata dal Figlio in modo così palese, pone ogni essere umano di fronte alla scelta di essere, oppure no, in comunione con Essa, e quindi con Dio.
Il tema del “giudizio” (in greco “krísis”) è già comparso nel 3° capitolo di questo Vangelo (cfr. Gv 3,16-18) abbinato al tema della “vita”... e la stessa coppia “giudizio-vita” si ripropone anche nel brano in cui ci troviamo (Cfr. Gv 5,21-27), perché nel linguaggio giovanneo il “giudicare” non va inteso nel senso tradizionale di un pronunciamento favorevole o contrario, bensì nel senso di una comunione con la vita... o di un'auto-privazione della stessa.
Questo binomio giovanneo “giudizio-vita” può essere inoltre riconosciuto come l' “aggiornamento” del veterotestamentario binomio “morte-vita”, che era l'alternativa proposta dal Dio dell'Alleanza al popolo di Israele:
Jhwh è infatti il Dio che “fa morire e vivere” (1Sam 2,6; Cfr. Dt 32,39; 2Re 5,7), a seconda di come l'essere umano utilizza la propria libertà di rispondere positivamente, o negativamente, alla Sua divina proposta di salvezza.
Si tratta dello stesso concetto che adesso ritroviamo anche in Gv, che peraltro sostituisce il termine “morte” con il termine “giudizio”... maggiormente adatto a mantenere in evidenza il fatto che il Padre ha mandato il Figlio nel mondo “perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,17) mediante la Sua incessante comunicazione di Vita... per cui soltanto coloro che La rifiutano si procurano il “giudizio” di auto-condanna alla morte interiore.

*** Vedi il termine "Vita eterna" nel Glossario


Segue: Gv 5,27-29 (Nota esegetica)

Segue: Gv 5,28-29 (Lettura del Vangelo)