Gv 17,19

« per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.»

Per comprendere questa frase di Gesù, è utile partire dalle originarie parole scritte in greco dall'evangelista “egō hagiazō emauton”... che qui sono tradotte con l'espressione “io consacro me stesso”, ma che alcuni esegeti preferiscono invece tradurre “io santifico me stesso”.
Questa differenza è riconducibile al fatto che, nella teologia giovannea, la morte di Gesù non va intesa nel senso di un sacrificio espiatorio, che alcuni ritengono maggiormente evocato dal termine “consacrazione”... quanto invece nel senso di elevazione-glorificazione, cioè in un significato che i sopracitati esegeti ritengono  meglio rispettato dal termine “santificazione”.
Considerando come entrambe le traduzioni siano ammissibili, si può mantenere la traduzione adottata dai curatori di questa edizione biblica, purché sia chiaro che Gesù dice “io consacro me stesso” non tanto nel senso di un suo proporsi come vittima sacrificale-espiatoria per il riscatto salvifico degli esseri umani... bensì in un senso dichiarativo della sua piena fedeltà al Padre, attuata mediante la sua elevazione-Glorificazione sulla croce.
E' proprio grazie a questo suo libero e perfetto compimento della missione affidataGli che... anche per i discepoli... si apre la possibilità di essere impregnati della santità di Dio.
Così... nell'imminenza della sua dipartita per far ritorno al Padre, Gesù Gli dice “io consacro me stesso, perché siano anch'essi (i discepoli) consacrati nella verità”.
Ciò si rende necessario per il fatto che Gesù li ha “mandati nel mondo” (Cfr. Gv 17,18) a continuare la sua opera e, per poterla compiere, anch'essi devono essere pienamente introdotti nella sfera divina.
E' questa la consacrazione che Dio concede ai discepoli attraverso la sua Parola comunicata dal Cristo.
Affinché tale consacrazione si compia è però necessario che i discepoli accolgano pienamente la Parola divina e dunque, di fatto, essi saranno consacrati da questa loro pienezza di fede nel Padre, di cui il Figlio è stato per loro il Rivelatore (Cfr. Gv 1,18).
E' in questo modo che i discepoli saranno consacrati “nella verità”.

Segue: Gv 17,20

Vedi nel Glossario le voci:
“Glorificazione”
“Mondo”
“Paràclito”
“Verità”

[Vedi anche la voce “Espiazione... e purificazione” nella pagina “Sentiero panoramico”].



Consacrazione... e missione

Dicendo “per loro (i discepoli) io consacro me stesso”, Gesù pronuncia una frase che, apparentemente, può sembrare in contrasto con quanto Lui aveva detto in precedenza, quando aveva parlato di Sé stesso come di Colui che “il Padre ha consacrato e mandato nel mondo” (Gv 10,36).
Viene infatti naturale porsi la domanda: ma se Gesù era già stato consacrato dal Padre, perché adesso Lui si consacra di nuovo?
La risposta è costituita dal fatto che... diversamente dalla consacrazione operata su di Lui dal Padre... questa auto-consacrazione di Gesù è volta a far sì che anche i discepoli siano consacrati e dunque essa esprime anche la funzione mediatrice del Figlio in attuazione della sua missione nel mondo.
Poi... Gesù dice che i discepoli devono essere consacrati nella verità, e queste sue parole possono essere comprese tenendo conto che, in questo Vangelo, la verità va intesa come la Parola divina con la quale Gesù rivela il Padre.
Ecco allora che i discepoli saranno consacrati dal Padre perché, nella loro libertà, avranno accolto la Parola di Dio annunciata da Gesù... e ciò avverrà in pienezza anche grazie all'azione ispiratrice del Paràclito, che in questo Vangelo è infatti definito “Spirito della verità” (Gv 14,17; cfr. Gv 15,26; 16,13).
Sarà dunque questa loro accoglienza a rendere i discepoli dei testimoni di Gesù nel mondo, e lo stesso varrà... evidentemente... anche per le successive generazioni di credenti che vorranno, a loro volta, farsi pienamente discepoli di Cristo (Cfr. Gv 17,20).
Focalizzando ulteriormente l'attenzione su questo rapporto tra consacrazione/santificazione e testimonianza, va rilevato che nella tradizione biblica soltanto Dio è “consacrato”, ovvero “santo” (in ebraico“qadoś”).
Per conseguenza, ciò che biblicamente è oggetto di una consacrazione e/o santificazione... si tratti di una persona oppure di una cosa materiale... è trasferito nella proprietà di Dio, per esempio in una prospettiva sacrificale (cfr Es 13,2; Dt 15,19), oppure in una prospettiva cultuale, com'è il caso della consacrazione sacerdotale (cfr Es 28,41).
Tale consacrazione/santificazione separa l'oggetto o la persona consacrata dal “mondo”... ma ciò avviene proprio a vantaggio dell'umanità che forma questo “mondo”... perché nella tradizione biblica il concetto di consacrazione si accompagna a quello di missione.
In questa prospettiva, possiamo così comprendere che i discepoli “consacrati nella verità” potranno testimoniare Cristo proprio in forza del fatto che essi saranno entrati nella sfera divina... cioè saranno separati dal mondo senza però essere tolti dal mondo (Cfr. Gv 17,15), ma anzi... solo grazie a questa loro consacrazione/santificazione potranno essere inviati nel mondo quali testimoni della Parola di Dio.
Detto in altri termini: così come Gesù è stato consacrato dal Padre che lo ha inviato nel mondo (Gv 10,36), anche i discepoli devono essere consacrati per il loro invio nel mondo.
Nell'imminenza del suo ritorno al Padre, Gesù “consacra Sé stesso”... affinché anche i discepoli possano poi “consacrare sé stessi” mediante la fede nella Parola divina rivelata dal Figlio, con la quale il Padre li consacrerà.

Segue: Gv 17,20