« perché tutti siano una sola cosa*; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.»
Analogamente a quanto abbiamo rilevato in precedenza (Cfr. Gv 10,30; Gv 17,11), nella nostra lettura non adottiamo l'espressione “perché tutti siano una sola cosa” riportata in questo testo biblico, bensì l'espressione “perché tutti siano uno”, maggiormente fedele alle parole scritte in greco dall'evangelista: “hina (perché) pantes (tutti) hen (uno) ōsin (siano)”.
Nel 10° capitolo già abbiamo visto che Gesù ha usato il termine “uno” (Gv 10,30) per indicare la reciproca immanenza tra Lui e il Padre (Cfr. Gv 10,38) che compare anche in vari altri passaggi del Vangelo (Vedi nel Glossario la voce “inabitazione”).
Questa reciproca immanenza è ciò che Lui, in questa sua preghiera, chiede anche per i suoi discepoli, dicendo: “come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi”.
E' mediante la fede che i discepoli possono entrare nell'unità di Padre e Figlio... diventandone parte... e ricevendone in dono quell'amore divino che poi potranno trasmettersi vicendevolmente, mediante la pratica del “comandamento nuovo” (Gv 13,34) annunciato da Gesù.
Questa unità tra i suoi discepoli testimonierà che Lui è l'Inviato del Padre, ed è in questo senso che Gesù si rivolge allo stesso Padre dicendoGli: “perché il mondo creda che tu mi hai mandato”.
Segue: Gv 17,22
Approfondimenti nel blog “Diario di un monaco”:
“Siamo Uno”
“Al settimo cielo”
“Pari e dispari”