Gv 6,56

« Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.»

All'interno di questa sezione di sapore “eucaristico” (Gv 6,51c-58)*, viene qui espressa per l'ultima volta la fondamentale azione di “mangiare la carne” e “bere il sangue” di Gesù... il quale dice che chi compie questa azione... rimane in me ed io in lui.
Di particolare rilievo è proprio questo verbo... rimane... che indica il “dimorare” di Cristo nel fedele, e del fedele in Cristo... e ci fa dunque entrare nel fondamentale tema giovanneo della “dimora reciproca” (chiamata nel linguaggio teologico “inabitazione”**)  che si instaura tra Cristo ed il credente che se ne “nutre”... credendo pienamente in Lui.
Ecco dunque palesarsi il significato delle parole di Gesù: quando l'umana libertà Lo accoglie con pienezza di fede (come il linguaggio metaforico del “mangiare” e “bere” vuole indicare), l'interiorità del credente si fonde pienamente con Lui, perché il Cristo si dona allo stesso credente abolendo ogni distanza esistente tra le due persone.
Senza che vi sia confusione tra di loro... si realizza così l' “uno” della “mutua immanenza”, o “inabitazione” che dir si voglia.
Grazie ad essa, l'interiorità di colui che si fa discepolo del Figlio di Dio viene radicalmente trasformata, in modo che la sua esistenza sia pienamente rivolta verso il Padre, a realizzare una “unità” che è partecipazione alla eterna vita divina**, al di là della “soglia” della morte fisica.
Proprio questo è l' “orizzonte” che si apre al credente che con  pienezza di fede “mangia la carne” e “beve il sangue” di Cristo:
Con il realizzarsi della mutua “inabitazione” il fedele e Cristo diventano “Uno”, senza che con ciò venga meno la distinzione tra le loro due individualità.

Segue: Gv 6,57

* P.S. - Riguardo alla lettura sacramentale di questo brano, Vedi la “Nota esegetica su Gv 6,53-58”, e "La questione eucaristica" (in Gv 6,59)

** Vedi nel glossario le voci:
"Inabitazione"
"Vita eterna"