« Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi.»
Per chi ripensa al dialogo notturno con Nicodemo, quando Gesù aveva detto che il Padre “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”... “affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,16-17), diventa qui naturale chiedersi in che senso Lui adesso preghi per loro, cioè per i suoi discepoli... ma non per il mondo.
La risposta è costituita dalla diversa accezione del termine mondo*, che nel dialogo con Nicodemo indicava l'umanità nella sua interezza, mentre qui designa quella parte di umanità che ha risposto a Gesù con l'incredulità.
Ecco allora che Gesù evita di pregare per il mondo incredulo formato da quelle persone che hanno deciso di autoescludersi dalla comunione con Lui, e pertanto si sono negate da sole l'aiuto divino (Cfr. Gv 14,17).
Ciò non toglie che la prospettiva della preghiera rimanga quella della conversione di questo mondo (Cfr. Gv 17,23), rispetto al quale i discepoli di Gesù costituiranno un “segno” volto a far sì che quante più persone possibile, tra coloro che fanno parte del mondo, possano riconoscere in Lui l'Inviato di Dio.
Tornando al versetto nel quale ci troviamo, Gesù si rivolge adesso al Padre dicendo di pregare “per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi”.
Si tratta dei credenti che hanno dimostrato di appartenere a Dio mediante la loro fede:
Il Padre li ha affidati al Figlio ed ora, al termine della sua missione terrena, Lui li affida al Padre (Cfr. Gv 17,10).
Segue: Gv 17,10
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