« Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: "È compiuto!". E, chinato il capo, consegnò lo spirito.»
Allo scoccare della sua "ora" Gesù prende l'aceto, segno della sua piena accettazione di tutto ciò che è avvenuto durante la passione, e poi dice "È compiuto!"... attestando così di aver sovranamente portato a termine la missione affidataGli dal Padre (Cfr. Gv 14,31; Gv 17,4).
Poi l'evangelista aggiunge che Gesù, dopo aver chinato il capo, consegnò lo spirito.
In questo modo, Gv descrive una scena con caratteristiche sostanzialmente differenti rispetto a quelle evidenziate da alcuni celebri passaggi della tradizione sinottica:
Qui infatti non ci viene detto che Gesù “spirò con un forte grido” (Cfr. Mc 15,37; Mt 27,50)… né che Lui lasciò in sospeso il lacerante interrogativo “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Cfr. Mc 15,34; Mt 27,46).
Gv descrive una scena nella quale, dall'inizio alla fine, è sempre Gesù a mantenere sovranamente l'iniziativa... dapprima lasciando le sue ultime disposizioni a sua Madre e al “discepolo che egli amava”... poi chiedendo di bere... e infine “consegnando lo spirito”... con un comportamento che va quindi compreso nel senso da Lui già precedentemente indicato, quando ha detto: “Nessuno mi toglie la vita, ma io la do da me stesso” (Gv 10,18).
Scrivendo che Gesù “consegnò lo spirito” (in greco “parédōken tò pneuma”) Gv ci dice che Lui compie un ultimo e supremo atto di affidamento di Sé al Padre, al quale consegna il suo spirito (pneuma)... da intendere qui come il suo umano “respiro vitale” (Cfr. Gv 11,33; Gv 13,21).
Inoltre, facendo uso del verbo greco paradidónai, Gv vuole anche farci capire che si tratta di una “trasmissione” deliberata, che funge da preludio all'effusione dello Spirito Santo sui credenti (Gv 20,22).
Lasciando questo mondo Gesù infatti lascia in dono il frutto connesso al suo ritorno al Padre, ovvero la futura comunicazione dello Spirito Santo... grazie al quale coloro che Gli crederanno saranno resi partecipi della Vita divina.
E' questa la realtà che era stata annunciata fin dal dialogo con Nicodemo, nel quale Gesù aveva già messo in relazione la sua futura morte con il dono, concesso ai credenti, di una vita senza fine: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14).
Contrariamente alle apparenze, la morte di Gesù non è dunque una fine, bensì il trionfo della vita che, a seguito della sua “consegna” dello spirito al Padre, verrà comunicata a quanti Lo accoglieranno:
Per loro il “Cristo glorificato” diventerà la sorgente inesauribile di una vita senza fine.
Vedi nel Glossario la voce "Glorificazione"
Segue: Gv 19,31
"È compiuto!"
L'ultima espressione che esce dalla bocca di Gesù è resa dall'evangelista con il termine greco “tetélestai” (è compiuto!).
Si tratta di una parola che, oltre ad indicare il compimento della missione affidata a Gesù dal Padre, richiama anche l'episodio altamente simbolico della “lavanda dei piedi”... introdotto da Gv con una frase nella quale ci ha detto che il Cristo ha amato i suoi “fino alla fine” (in greco "télos") (Cfr.Gv 13,1).
Adesso che l'"ora" di questa fine è giunta, si realizza in essa il supremo compimento del divino amore di Gesù per l'umanità.