Gv 19,31

« Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.»

Nella tradizione sinottica la morte di Gesù è seguita dal racconto di alcuni eventi eclatanti: “il velo del tempio si squarciò in due” (Mc 15,38; Mt 27,51)... “la terra tremò, le rocce si spezzarono” (Mt 27,51)... “molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono” (Mt 27,52)...
In questo suo Vangelo Gv non fa alcun cenno a questi eventi, e continua il suo racconto ribadendo che i fatti da lui narrati si svolgono nel giorno della Parasceve, cioè nella vigilia della Solennità pasquale (Cfr. Gv 19,14).
Poiché i Romani usavano lasciare esposti anche per più giorni i corpi dei crocifissi, in modo che rendessero palese la sorte che toccava a chi infrangeva la legge, i Giudei cercano di evitare che si protragga troppo l'esposizione di quella scritta che "pubblicizza" Gesù come “re dei Giudei”.
Oltretutto, la maledizione da loro gettata sulle vittime di quella morte ignominiosa, avrebbe anche potuto “sporcare” la purezza della loro Pasqua, per cui i Giudei cercano di accelerare i tempi chiedendo a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.

Segue: Gv 19,32-33