Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
L’evangelista conclude questo suo Vangelo affermando esplicitamente lo scopo per il quale “questi (segni) sono stati scritti”, ovvero: “perché crediate che Gesù è il Cristo”, cioè il Messia dell'attesa giudaica… nonché il “Figlio di Dio”, supremo rivelatore del Padre (Cfr. Gv 1,18).
Unendo questi due titoli, Gv vuole proprio significare che Gesù... oltre ad essere, nella prospettiva cristiana, il Figlio venuto sulla terra per rivelare il Padre... costituisce anche l’adempimento della promessa fatta da Jahvé ad Israele, alla quale i profeti della tradizione giudaica avevano dato voce annunciando che il Messia avrebbe compiuto dei gesti atti a simboleggiare la salvezza divina.
I segni che Gesù ha compiuto, e che Gv testimonia in questo suo Vangelo, costituiscono pertanto un invito rivolto dall’evangelista ai lettori, affinché riconoscano in Gesù il compimento di questo superiore piano divino… e quanti vi crederanno, avranno la vita nel suo nome.
Credere “nel suo nome” sta qui a significare credere “nella sua persona”… cioè avere fede in Lui, in modo da entrare in comunione con la sua “Vita divina” ottenendo, per conseguenza, la “Vita eterna” (Cfr. Gv 3,15.16.36).
E’ proprio per suscitare questa fede… o per fortificarla in quanti già la possiedono... che l’evangelista ha scritto questo suo Vangelo, la cui funzione è anche quelle di fungere da trait-d'union tra coloro che hanno visto, e coloro che crederanno senza aver visto.
Accogliendo questo messaggio di vita che Dio, attraverso Gesù, ha destinato a tutti gli esseri umani... i credenti potranno ricevere la Vita eterna, entrando in comunione con la Vita divina di Cristo e diventando così capaci di superare la morte.
Vedi nel Glossario le voci:
Segue: Epilogo (Gv 21,1-25)
“Segno”
“Vita”
“Vita eterna”
P.S. - In questi ultimi due versetti del suo Vangelo, Gv utilizza una forma espressiva che fa emergere un significativo parallelismo:
Alla fine del racconto della vita pubblica di Gesù, lui aveva infatti scritto “Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui” (Gv 12,37)... e adesso, dopo il compiersi dell'ora*, Gv scrive che “questi (segni) sono stati scritti perché crediate”.
Dunque, questo Vangelo è stato scritto dalla fede dell'evangelista... e per la fede dei credenti... ai quali è data la possibilità di accedere all'autentica Vita.
Per capire quale sia il significato del “credere” di cui parla qui l’evangelista, bisogna rilevare che Gv non parla mai di fede utilizzando il termine astratto "pistis" (caro invece a Paolo), preferendogli sempre il verbo "pisteuein", che Gv costruisce con la preposizione di movimento "eis".
Per l’evangelista, infatti, credere in Gesù vuol dire seguirLo, assumendosi cioè l’impegno esistenziale di voler concretamente praticare le sue parole di vita.
Siamo dunque lontani da una fede intesa come una ortodossia puramente intellettuale, la quale… evidentemente… lascia invece il posto ad una fede “esistenziale”, capace di sfociare nelle scelte interiori e nelle conseguenti azioni concrete di amore che sono i frutti portati dai “tralci” che rimangono nella “vite vera” (Gv 15,5).
Segue: Epilogo (Gv 21,1-25)
Vedi nel Glossario la voce:
* “Ora”