Gv 1,13

« i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. »

Gv contrappone qui due tipi di generazione... umana e divina... e afferma che “i figli di Dio” (Gv 1,12) sono stati generati non da sangue... ovvero non attraverso un naturale processo biologico di nascita... né da volere di carne né da volere di uomo, cioè neanche da una volontà riconducibile in qualsiasi modo all'essere umano... sia esso per esempio un genitore che voglia attribuirla ai propri figli, o un rappresentante dell'autorità religiosa che si ritenga legittimato a conferire la figliolanza divina a qualcuno.
Invece... Gv ci dice che unicamente Dio può provvedere alla generazione divina la quale, peraltro, non deve neanche essere intesa come una sua azione unilaterale, come se Lui dovesse arbitrariamente decidere chi deve essere “suo figlio” e chi no.
Avendo precisato che la figliolanza divina è concessa a quanti "credono nel suo nome (di Dio)” (cf. Gv 1,12), l'evangelista ci vuole infatti far comprendere che non può venir meno la concomitanza delle due azioni:
Da un lato Dio che “genera” mediante il Suo Verbo, e dall'altro l'essere umano che accoglie lo stesso Verbo divino nei termini indicati nel versetto precedente (Gv 1,12)... per cui la conseguente “divinizzazione” del credente può aver luogo soltanto perché la sua individuale libertà lo ha voluto.
L'espressione usata dall'evangelista... "da Dio sono stati generati"... è volta ad escludere un'interpretazione materiale/esteriore della figliolanza divina, e costituisce un'anticipazione del tema teologico della “nuova nascita”:
Gv ne parlerà più avanti evidenziando come il cristiano sia chiamato a nascere "di nuovo" (Gv 3,3) per una vita spirituale (in greco zōē) che non è più la vita meramente “terrena” (in greco bios).

Segue: Gv 1,14a

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