Gv 2,16

« e ai venditori di colombe disse: "Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!".»

Dopo aver gettato a terra il denaro dei cambiamonete, Gesù si rivolge non ai venditori dei buoi, e neanche a quelli delle pecore... ma proprio ai venditori di colombe.
Questo fatto può essere compreso tenendo conto che la colomba era il solo animale che i poveri avevano la possibilità di sacrificare a Dio e, al tempo stesso, era anche un simbolo dello Spirito di Dio (cfr.Gv.1,32).
Ciò che Gesù dice ai venditori di colombe... ovvero "portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato"... assume dunque l'ulteriore significato di un suo monito contro quel mercato che sfruttava la parte più povera del popolo, costretta a comprare ciò che Dio dona gratuitamente.
Significativamente, al posto dell'espressione tradizionale “casa di Dio”, Gesù dice "casa del Padre mio", e lo fa non solo perché Lui è il Figlio unigenito (Gv 1,14.18) inviato dal Padre:
Questa sua espressione va infatti compresa anche nel senso che... mentre il Giudaismo concepiva il rapporto con Dio pensando che Lui "esigesse" offerte... il Cristo è venuto ad instaurare un nuovo culto tra il credente-figlio e Dio-Padre, e questo rapporto è incompatibile con qualsiasi idea di mercato, perché l'amore gratuito del Padre non può essere pagato... e non ha nulla a che fare con l'interesse economico, indotto dal sistema delle "offerte" obbligate.
Ecco allora che... mediante questa azione compiuta da Gesù nel Tempio... trova attuazione lo splendore escatologico di Gerusalemme profetizzato da Zaccaria: “In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti” (Zac 14,21).

Segue: Gv 2,17

Pista di approfondimento:
Due leggi inconciliabili (nel mio blog "Diario di un monaco")