Gv 19,19-20

« Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei". 
Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.»

A quel tempo era prassi, per i romani, compilare una iscrizione che indicasse il motivo per cui un condannato veniva crocifisso... e che fungesse dunque da ammonimento per tutti coloro che la vedevano.
In questo caso, la scritta “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei” attesta ufficialmente che Gesù è meritevole di morte perché, facendosi “re dei Giudei”, si è ribellato alla dominazione romana.
Però, con questa iscrizione Pilato realizza anche il suo intento di umiliare l'orgoglio nazionale dei Giudei, che viene ridicolizzato in quella "caricatura" di re (Cfr. Gv 19,5), inchiodato sulla croce come un comune delinquente.
Nelle intenzioni de prefetto romano, l'iscrizione sulla croce è ironica, ed invece... di fatto... essa dà il messaggio autentico della regalità universale di Gesù, annunciata nelle tre principali lingue dell'epoca.
Una tale “proclamazione” non può che indisporre le autorità religiose giudaiche, le quali non tardano infatti a presentare le loro lamentele a Pilato (Cfr. Gv 19,21).

Segue: Gv 19,21