Gv 19,22

« Rispose Pilato: "Quel che ho scritto, ho scritto".»

Nonostante le rimostranze delle autorità religiose giudaiche, Pilato rimane irremovibile ed afferma: “Quel che ho scritto, ho scritto”.
Nei suoi intenti, questa iscrizione doveva essere una provocazione per i capi dei Giudei e, al contempo, una derisione per Gesù... ed invece, senza che lui se ne renda conto, si tratta della proclamazione di una grande verità: Gesù è Re!
Oltretutto, questa realtà è annunciata nelle tre principali lingue dell'epoca... l'ebraico, il latino e il greco... come ad attestare che la sua regalità è universale.
Pilato si trova pertanto in una situazione analoga a quella in cui si era precedentemente trovato anche il sommo sacerdote Caifa, il quale aveva inconsapevolmente profetizzato “che Gesù doveva morire per la nazione” (Gv 11,51).
In questo caso, è il prefetto romano a dichiarare profeticamente che Gesù è “il Re”... ponendo fine alla questione che ha caratterizzato il processo... ovvero la definizione di chi sia il vero re tra Cesare e Cristo (cfr.Gv 19,14-15).
L'iscrizione apposta sulla croce certifica che Gesù si è insediato sul “trono” del suo divino governo sull'umanità.

Segue: Gv 19,23