« Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.»
In questo Vangelo, Tommaso è una figura di primaria importanza, il cui nome viene ripetuto per sette volte (simbolicamente il numero sette sta ad indicare “totalità”, “completezza”) e in tre occasioni… compreso il versetto nel quale ci troviamo… tale nome è accompagnato dal termine Dìdimo.
Il vocabolo greco dydimos, che significa “gemello”, traduce la parola aramaica teoma e dunque, rilevano alcuni esegeti, Tommaso non sarebbe in realtà il nome proprio bensì l'appellativo del discepolo, il cui vero nome, secondo alcune tradizioni, sarebbe invece Giuda… com’è infatti riscontrabile nel Vangelo copto di Giovanni apostolo, un testo apocrifo nel quale viene chiamato Giuda Tommaso.
Tra le possibili spiegazioni del motivo per cui gli era stato assegnato l’appellativo Dìdimo (gemello), merita attenzione quella che osserva come, in precedenza, proprio lui si fosse mostrato disponibile anche ad andare a morire come Gesù (Cfr. Gv 11,16) manifestando dunque, unico tra i discepoli, la somiglianza al Maestro nella capacità... come Lui e insieme a Lui... di dare la propria vita.
Questa prospettiva si presta anche a spiegare il motivo per cui... mentre tutti i discepoli si rifugiano al chiuso “per timore dei Giudei” (Gv 20,19)... Tommaso non era con loro quando venne Gesù.
Con ogni probabilità ciò era dovuto all’atteggiamento coraggioso del “gemello”, che non si faceva condizionare dal pericolo costituito dall'ostilità delle autorità religiose nei confronti di tutti coloro che avevano fatto parte del gruppo del Rabbi di Nazareth.
Segue: Gv 20,25
P.S. - Annotando l'assenza di Tommaso, l’evangelista permette ai lettori del suo Vangelo di immedesimarsi a loro volta nella situazione che tale discepolo sta per vivere:
Questo Vangelo viene infatti scritto alla fine del I sec. d.C., ovvero in un'epoca nella quale i cristiani si trovano… come si era trovato Tommaso... nella condizione di dover fare un atto di fede non “assistito” dall'esperienza diretta.