« sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici, *che aspettavano il moto dell'acqua.
**Un angelo infatti in certi momenti scendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.»
L'evangelista descrive la situazione generalizzata di miseria esistente sotto i portici dove giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Tutta la parte qui evidenziata in verde, comprendente la fine del 3° versetto (*) e la totalità del quarto (**), è “invisibile” nelle numerose edizioni bibliche che non la riportano, a seguito del fatto che parecchi studiosi la ritengono un'aggiunta effettuata a posteriori da alcuni copisti.
Di opinione opposta sono gli estensori della Bible de Jérusalem, che la trascrivono nella forma sopra citata, adottata anche da noi nella nostra lettura.
In questo modo, insieme all'evangelista possiamo osservare la scena di questa folla di malati in attesa del movimento salutifero dell'acqua portato dall' "angelo"… un vocabolo che, in questo caso, va inteso quale manifestazione visibile di Dio, nel senso per esempio assunto dall'espressione “angelo del Signore” in uso nell'Antico Testamento (Cfr.Gen.21,17-19).
Segue: Gv 5,5
Gli "infermi" ai bordi della “Piscina delle pecore”
Orientando lo sguardo alla dimensione simbolica, la scena di questa moltitudine di ammalati che si trovano ai bordi della “piscina delle pecore” con “cinque portici” (Gv 5,2), ci rimanda ai 5 libri della Legge mosaica sotto la quale... a causa della autorità religiose giudaiche che l'hanno trasformata in uno strumento di dominio sul popolo... si trovano ormai un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si tratta di persone che a causa delle loro infermità sono escluse dal Tempio e... nella scena descritta dall'evangelista... sono come abbandonate a se stesse, proprio mentre si svolge la “festa dei Giudei” (Gv 5,1).
In sottofondo, sembrano così risuonare le ripetute e vibranti denunce dei profeti contro l'ipocrisia di quelle celebrazioni religiose soltanto "esteriori", nelle quali i "fasti" del Tempio diventano un modo per coprire la miseria del popolo sofferente:
Basti ricordare Isaia, quando per esempio scrive "Io detesto (…) le vostre feste, per me sono un peso, sono stanco di sopportarle", ricordando poi la necessità di imparare a fare il bene: "soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano" (Cfr. Is 1,14-17).
Lo stesso Ezechiele aveva scritto che i pastori d'Israele "pascono se stessi !", ammonendoli poi così: "Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite" e poi aveva scritto: "Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata" (Cfr. Ez 34,1-31).
Narrandoci questo episodio, Gv non sta dunque limitandosi a raccontare ciò che quel giorno è accaduto alla piscina di Betzetà ma... simbolicamente... lui ci sta anche parlando della situazione drammatica creatasi in Israele, a seguito del fatto che le autorità religiose hanno usato la Legge mosaica per esercitare un dominio sul popolo e non per prendersene cura... tant'è vero che ora la “Piscina delle pecore” chiamata “Betzatà (Bethesda)” (Gv 5,2) brulica di infermi.
Segue: Gv 5,5
P.S. - Riguardo all' "agitazione dell'acqua", vedi il P.S. di Gv 5,11.